Il ricordo è un modo d’incontrarsi (K. Gibran)

             

In questi ultimi anni, mi capita sempre più spesso di essere attratta da case vecchie ed edifici dismessi. Fabbriche fatiscenti, vetri rotti, ferri arrugginiti, aiuole incolte: segni inequivocabili di abbandono e degrado. Dopo più di anno di pandemia, ancora di più mi colpisce il vuoto e il silenzio di tante attività chiuse, in disuso. Mi chiedo quanta storia e umanità si nasconda dietro quei muri, quelle fabbriche, quelle case. Immagino persone che lì hanno vissuto, amato, sognato, sofferto, sperato. Quanti lavoratori hanno passato il loro tempo e speso la loro fatica dentro quei luoghi, quanto sudore, ma anche quanto orgoglio per avere spesso mantenuto famiglie con dignità e rispetto. Oppure hanno investito il loro denaro in case che non hanno poi più potuto mantenere o non interessavano più ai loro discendenti. Il tempo corre veloce e ciò che oggi ci sembra indispensabile, domani può non essere più utile, non riscontra più un’esigenza di mercato, detto in parole povere, il prodotto non si vende più, troppi costi o spesso una mancata capacità di proseguire un’attività di chi l’ha generata. Le “cose”, gli oggetti non parlano, non dicono nulla, anche gli edifici più imponenti non trasmettono niente di ciò che a volte, anche gloriosamente, sono stati. Si dice che sono i ricordi a tenere vive le persone ma anche, aggiungo, ciò che sono appartenute ad esse. La nostra storia va conservata, e forse ancor di più in un’epoca in cui tutto è relativo, consumato in un attimo, vecchio ancor prima di essere liso. Si preferisce buttare anziché riparare, demolire anziché ricostruire. Mi chiedo se proprio per questo colgo spesso in tanti giovani una controtendenza, una passione al vintage, dai libri di carta, ai vinili, dai mobili o vestiti usati, alle foto tipo Polaroid, al Rock ecc… Rincorrere il nuovo, non significa dimenticare la nostra storia, le esperienze di chi ci ha preceduti, i loro racconti, le nostre radici. É di grande speranza vedere giovani che iniziano le loro esperienze lavorative o abitative, con serietà, coraggio e determinazione con uno sguardo verso il futuro, con modernità; ma anche cercando un ponte tra passato e presente. Giovani che non rincorrono solo le mode del momento, che spesso non ti permettono di costruire delle basi solide per il futuro, proprio perché troppo legate al momento attuale e quindi spesso con basi inconsistenti, ma che si preparano, si formano, investendo tempo ed energie. A questi giovani, fiduciosi, coraggiosi che danno ancora valore all’impegno, al sacrificio, che quest’anno hanno visto i lori progetti fermarsi, sospendersi, desidero dare a nome mio e della nostra comunità un grazie per non essersi arresi, per averci creduto e per ricordarci che la giovinezza è uno stato d’animo che deve aiutare chi la smarrisce negli anni a ricercarla dentro di sé o per citare Franz Kafka “La giovinezza è felice, perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque conservi la capacità di cogliere la bellezza non diventerà mai vecchio.” E, aggiungo, affinché ci aiutino a guardare attraverso il loro sguardo, nuovi mondi e possibilità.