All’inizio tu ti bevi un bicchiere,
poi il bicchiere si beve un bicchiere, poi il bicchiere si beve te.
(Francis Scott Fitzgerald)
Che cos’è il disturbo da uso di alcol?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l’alcol fra le droghe. È una droga giuridicamente legale ma è una sostanza molto tossica, come tutte le droghe, l’alcol è una sostanza psicotropa (in grado cioè di modificare il funzionamento del cervello). La sua assunzione protratta nel tempo induce assuefazione (per ottenere lo stesso effetto bisogna aumentare la dose).
Secondo il DSM -V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi mentali) il Disturbo da uso di alcol porta ad un disagio o una compromissione clinicamente significativi, come manifestato da almeno due nelle seguenti condizioni, chi si verificano entro un periodo di 12 mesi:
1- l’alcol e spesso assunto in quantitativi maggiori o per un periodo più lungo di quanto fosse nelle intenzioni
2- desiderio persistente o sforzi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso di alcol
3- una gran parte del tempo impiegato in attività necessarie a procurarsi alcol, usare alcol o recuperare dai suoi effetti
4- craving, o forte desiderio o spinta all’uso di alcol
5- uso ricorrente di alcol, che causa un fallimento nell’adempimento dei principali obblighi di ruolo sul lavoro, scuola, casa
6- uso continuato di alcol nonostante la presenza di persistenti ricorrenti problemi sociali interpersonali causati o esacerbati dagli effetti dell’alcol
7- importanti attività sociali, lavorative ore ricreative vengono abbandonate o ridotte a causa dell’uso di alcol
8- uso ricorrente di alcol in situazioni nelle quale è fisicamente pericoloso
9- uso continuato di alcol nonostante la consapevolezza di un problema persistente o ricorrente, fisico o psicologico, che è stato probabilmente causato o esacerbato dall’alcol
10- tolleranza, come definita da ciascuno dei seguenti fattori:
a-un bisogno di quantità marcatamente aumentate di alcol per ottenere intossicazione intossicazione l’effetto desiderato
b-una marcata diminuzione dell’effetto con l’uso continuato della stessa quantità di alcol
11- astinenza, manifestata da ciascuno dei seguenti fattori:
a- la caratteristica sindrome da astinenza da alcol
b- l’alcol o una sostanza strettamente correlata, come una benzodiazepina vieni assunto per attenuare o evitare sintomi di astinenza
Secondo l’OMS in Europa si ha il più elevato consumo alcolico al mondo. Il consumo per abitante è il doppio rispetto alla media mondiale. L’alcol è il terzo fattore di rischio per i decessi e per le invalidità in Europa, e il principale fattore di rischio per la salute dei giovani. L’OMS definisce quindi il bevitore eccessivo, la persona il cui consumo di alcol incide sulla sua salute fisica e psichica, sui suoi rapporti interpersonali e sulla sua realtà socio-economica.
L’uso e l’abuso di alcol ha una lunga storia. Molti racconti e narrazioni sono citati da fonti bibliche, egiziane e babilonesi riportano storie di abuso e di dipendenza da alcol. In alcune culture antiche l’alcol era adorato e in altre il suo abuso veniva invece condannato. L’abuso eccessivo di alcol e l’ubriachezza sono stati riconosciuti come causa di problemi sociali, anche migliaia di anni fa. Tuttavia, la definizione di alcolismo cronico e le sue conseguenze negative mediche non sono state stabilite fino al XVIII secolo. Nel 1647 un monaco greco di nome Agapios è stato il primo a documentare che l’abuso cronico di alcol è associato a tossicità a livello del sistema nervoso e ad una vasta gamma di altri disturbi medici, come convulsioni, paralisi ed emorragie interne. Nel 1920 gli effetti dell’abuso di alcol e ubriachezza cronica hanno portato in America al proibizionismo, applicato però per un breve periodo. L’alcolismo è dunque una sindrome patologica determinata dall’assunzione acuta o cronica di grandi quantità di alcol. A partire dalla fine del ventesimo secolo l’alcolismo è stato considerato un disturbo che comporta dipendenza. E’ caratterizzato da un consumo compulsivo e incontrollato di alcol, di solito a scapito della salute del bevitore, delle sue relazioni e della posizione sociale.
Per definire l’alcolismo occorre far riferimento ad un modello multifattoriale capace di prendere in considerazione fattori genetici, processi neurofisiologici e biochimici, eventi di vita stressanti e contesti sociali e culturali quindi l’alcolismo è considerato l’aspetto visibile di un disagio fisico, psichico e sociale i cui confini vengono delineati all’interno di una struttura culturale.
Numerosi studi dimostrano che non ci non vi è una singola personalità alcolista che predispone all’alcolismo, tuttavia si sono riscontrate delle variabili di personalità e tematiche psicologiche costanti nelle persone che abusano di alcol.
Alcuni autori parlano di debolezza dell’Io e difficoltà a mantenere l’autostima, altri hanno osservato che l’alcol adempie la funzione di restaurare un qualche senso di rispetto del sé e di armonia interna. Più in generale, i tratti di personalità tipici della persona dedita al bere problematico riguardano la forte presenza di ansia, la difficoltà a sopportare le frustrazioni, una bassa autostima, la depressione, l’aggressività repressa, l’impulsività e il bisogno di gratificarsi.
Dai dati emersi nell’ Alcol Presention Day ’2016 è risultato che nel 2014 il 63% degli italiani con più di 11 anni di età (pari a 34 milioni e 319 mila persone) ha consumato almeno una bevanda alcolica, con una prevalenza maggiore tra i maschi (76,6%) rispetto alle femmine (50,2%). In calo il numero dei consumatori giornalieri (22,7% nel 2013; 22,1% nel 2014) mentre continua ad aumentare il consumo di alcol occasionale e al di fuori dei pasti “binge drinking” (25,8% nel 2013; 26,9% nel 2014). I dati Istat – elaborati dall’Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e dal WHO CC Research on Alcohol, presentati nell’annuale Relazione al Parlamento e rilanciati in occasione dell’Alcohol Prevention Day 2016 (Apd) – forniscono un quadro di base per capire l’importanza e la necessità di azioni di prevenzione alcologica incentrate, in particolare, sul monitoraggio dei comportamenti di consumo a rischio (spesso causa di incidenti e violenze). Le donne sviluppano complicanze da dipendenza da alcol più rapidamente rispetto agli uomini. Inoltre, le donne hanno un tasso di mortalità superiore di alcolismo rispetto agli uomini. Esempi di complicanze a lungo termine includono danni al cervello, al cuore, al fegato e un aumento rischio di cancro al seno. Inoltre, l’eccessivo consumo di alcol può avere un effetto negativo sulla capacità riproduttiva come la riduzione della massa ovarica, problemi o irregolarità nel ciclo mestruale e menopausa precoce.
Sebbene il consumo di un bicchiere di vino a tavola, contestualmente ai pasti, sia nel nostro Paese generalmente considerato parte integrante dell’alimentazione e della vita sociale, negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento delle abitudini di consumo alcolico che ha portato alla diffusione di comportamenti a rischio come il bere lontano dai pasti o l’assunzione di grandi quantità di alcol in un arco di tempo ristretto (binge drinking).
In Italia si definisce binge drinking il consumo di oltre 6 bicchieri di bevande alcoliche (un bicchiere corrisponde a una Unità Standard contenente 12 grammi di alcol puro), concentrato in in un brevissimo lasso di tempo.
Il tema delle dipendenze, anche dal punto di vista clinico, è stato ampiamente studiato e rivisitato nel corso degli anni, focalizzando l’attenzione sulla diade genitore-bambino. Gli studi più recenti, condotti nell’ambito dell’Infant Reasearch (Sander, 1987; Weinberg, 1992; Stern, 1971, 1998; Beebe, Lachmann, 1992, 2002) hanno sottolineato la centralità dei processi di autoregolazione e regolazione reciproca degli stati fisiologici del Sé nello sviluppo infantile. Il Sé, da Kohut, viene definito come un apparato psichico primitivo, la cui coesione e integrazione è essenziale per lo sviluppo successivo dell’Io. Il Sé è all’origine del sentimento per il quale l’individuo si sente un polo autonomo di percezione e iniziativa. La regolazione dei cicli alimentari, del ritmo sonno-veglia, delle emozioni e dell’autostima, sono processi che, sin dall’inizio, avvengono in contesti diadici o multipersonali. La capacità di autoregolazione interagisce per tutta la vita con la regolazione relazionale reciproca; la patologia, dunque, si struttura in quei contesti relazionali che inibiscono l’oscillazione dialettica tra la necessità di regolare se stessi e quella di regolare la propria relazione con l’altro. La dipendenza patologica, da questo punto di vista, può essere pensata come una relazione in cui il soggetto dipendente è vincolato a una perenne regolazione sull’altro, poichè è incapace di regolare da solo gli stati del Sé, il che, naturalmente, implica che all’altro non è lasciata la possibilità di autoregolarsi senza doversi impegnare, a sua volta, nella relazione.
Inoltre, le più recenti ricerche, nell’ambito delle neuroscienze, hanno evidenziato che, in prossimità della pubertà, il cervello va incontro ad un’ improvvisa e repentina crescita che interessa soprattutto i lobi frontali. Anche in adolescenza è stato dimostrato che il cervello è ancora impegnato in profondi cambiamenti e, tale condizione dinamica, potrebbe contribuire a dare un senso ad alcuni ben noti comportamenti impulsivi e disinibiti.
Appare chiara la necessità, dunque, di orientare gli interventi in un’ottica di prevenzione primaria, indirizzandoli principalmente a preadolescenti e adolescenti, ancora impegnati in una fase di rimodellamento e riorganizzazione del cervello.
In clinica ci si riferisce all’alcolismo anche mediante l’utilizzo del termine latino potus (potare, bere) per indicare la compulsione a bere alcolici.
L’abuso a lungo termine di alcol può causare una vasta gamma di problemi di salute mentale. Gravi problemi cognitivi non sono rari. Circa il 10 per cento dei casi di demenza sono legati al consumo di alcol, il che lo rende la seconda causa di demenza.
Diversi strumenti possono essere utilizzati per rilevare una perdita di controllo nel consumo di alcol. Questi strumenti sono per strutturati come questionario. Essi si avvalgono di un punteggio o riscontro che riassume la gravità generale del consumo di alcol.
Il questionario CAGE, chiamato per le sue quattro domande è un esempio che può essere utilizzata per inquadrare velocemente i pazienti:
Questionario CAGE (Cut down, Annoyed, Guilty, Eye opener)
1) Ha mai avvertito la necessità di ridurre l’assunzione di alcol?
2) È mai stato infastidito da persone che hanno criticato la sua eccessiva assunzione di alcolici?
3) Si è mai sentito in colpa o a disagio per aver assunto degli alcolici?
4) Ha mai bevuto un bicchiere appena sveglio per combattere l’ansia o eliminare i postumi della sbornia?
Due “sì” alle risposte indicano che la situazione del paziente deve essere approfondita ulteriormente.
Quale terapia?
La scelta di un approccio integrato alla complessità della persona rende necessario operare attraverso un gruppo di lavoro multidisciplinare che sia in grado di amalgamare un intervento educativo-pedagogico con un intervento più introspettivo-psicoterapeutico.
I trattamenti per l’alcolismo sono molteplici. La maggior parte dei trattamenti si concentra su come aiutare le persone ad interrompere l’assunzione di alcol seguito dalla modifica dello stile di vita e dal sostegno sociale al fine di aiutarli a resistere a un ritorno al consumo di alcol. Dal momento che l’alcolismo coinvolge molteplici fattori che favoriscono una persona nel continuare a bere, tutti questi fattori devono essere affrontati al fine di prevenire una ricaduta. Un esempio di trattamento integrato riguarda la combinazione di terapia di supporto, di psicoterapia, di partecipazione a gruppi di sostegno al fine di di lavorare sulle motivazioni al cambiamento, al trattamento delle ricadute, al rinforzo dell’astinenza, e ai meccanismi non consapevoli che sottendono il bisogno di bere.
Se succede qualcosa di brutto si beve per dimenticare; se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare; e se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.
(Charles Bukowski)