Quando l’acqua inizia a bollire, è da sciocchi spegnere il fuoco
Ogni giorno sui giornali si leggono notizie di molestie e abusi subiti in passato, le persone sia uomini sia donne raccontano di episodi taciuti lontani nel tempo. Di pari passo aumentano anche le denunce su episodi appena avvenuti. Un fenomeno dilagante che riguarda ambienti disparati, dal cinema, dalla televisione, dalla politica, dallo sport. All’emergere di nuove notizie seguono migliaia di commenti, di post, di condivisioni, pareri ed opinioni. Ed è proprio su queste frasi che vorrei trarre alcune riflessioni, poiché spesso sono parole talmente feroci, di una violenza così profonda che ogni volta mi disorientano.
Come scrisse George Bernard Shaw: “I movimenti rivoluzionari attirano i migliori e i peggiori elementi di una determinata società.” A me piace pensare che stiamo assistendo ad un cambiamento sociale e culturale, le persone parlano di abusi, molestie, stupri subiti. Certo da sempre nella storia i cambiamenti sono osteggiati, derisi, criticati. Penso alla legge sul voto alle donne, al divorzio, all’aborto, solo per fare esempi più recenti. Far rimanere tutto in silenzio, non parlare per paura di non essere capiti, di esseri giudicati, di essere allontanati, ha spinto le persone da sempre a tenere per sé il dolore e le umiliazioni subite. E allora non capisco, o meglio non condivido chi oggi seduto comodamente su una poltrona o nel salotto di un qualunque talk show, dice frasi sprezzanti come ad esempio: “ troppo comodo”, “sei una vigliacca” “al cinema è prassi consolidata” “dovevi dirlo prima” “prima la danno via e poi piagnucolano” “facile parlare tanti anni dopo” e via dicendo. La prima reazione che provo è di chiedermi se queste persone hanno fatto bene o hanno fatto male a raccontare cosa gli è capitato. Come riusciranno a sopportare ancora tanta sofferenza?
Io sono entrata in quelle stanze, in quei luoghi isolati, in quei momenti, in quelle situazioni, ho sentito la paura, il disgusto, la delusione, la confusione, lo smarrimento, il disorientamento la dissociazione, (pensa ad altro e finirà, pensa ad altro e finirà, pensa ad altro e finirà) e la vergogna. Oh sì, una montagna di vergogna, un’immensità di vergogna, la vergogna che si può quasi toccare, che ti paralizza, che ti fa girare la testa e poi… “e poi se non ci penso e non dico niente è come se non fosse esistito, nessuno saprà, nessuno piangerà, nessuno starà male, nessuno sarà picchiato, non succederà un casino, nessuno soffrirà. È colpa mia quello che è successo non devono andarci di mezzo gli altri. Voglio solo che che sia come prima, quando non sapevo che c’era un un prima e un dopo”.
E invece quanto sprezzo leggo in tanti commenti, tutti certi di come ci si comporti in queste situazioni così spiazzanti, certissimi poi se si è maggiorenni: in quel caso non ci sono proprie possibilità, si reagisce e basta. Avere questo pensiero, questa unica opzione è rassicurante, protettivo, salva da qualunque incertezza, lascia integra la fiducia in se stessi, nella propria autostima, nell’amor proprio. Invece a me proprio non va di pensare a cosa avrei fatto o spero mai farei in una situazione del genere; sono contenta ogni volta che penso che in quella (e in tante altre a dire il vero) circostanze non mi ci vorrei trovare. Perché una cosa la so di certo: ed è che non so come potrei reagire. So bene che l’impatto emotivo può sovrastare e ribaltare ogni schema razionale, ogni certezza. La lucidità può essere spazzata via in un nanosecondo, Potrei avere comportamenti da me inaspettati, reagire con forza o forse fare proprio niente.
Ormai tanti sentono di essere chiamati a dare un parere, un giudizio ma fuori da quelle stanze, fuori da quei luoghi, fuori da quel momento, al sicuro, guardando dal buco della serratura. La molestia o ancora peggio lo stupro non è una avances, presuppone che io non stia facendo proprio nulla ne a livello verbale ne a livello non verbale, non lancio messaggi, non sto seducendo, non sto provocando. Le storie che emergono dai racconti di persone oggi diventate famose vengono viste solo nel loro aspetto di opportunismo, un modo facile per fare carriera. Ma è molto diversa una situazione in cui una persona cerca di far successo cercando strade facili, poiché questa è una scelta, per quanto discutibile e triste sia. Diverso il trovarsi in una situazione differente da quella che tu desideri e devi decidere in quel momento, in quei secondi cosa sarà della tua vita. Qualunque scelta venga fatta sarà sempre comunque una scelta del primo e del dopo, niente sarà più come prima. Posso andarmene posso rimanere in entrambi i casi porterò dentro di me per sempre un enorme profonda ferita. Perché è l’ amor proprio che viene intaccato, la stima di se stessi che non sarà più uguale a prima. Rinunciare ai sogni, rinunciare al proprio lavoro, rinunciare all’immagine che le persone che mi amano hanno di me. Credo che in pochi secondi queste e tante altre domande ti passano per la testa, e penso che sono proprio queste che ti paralizzano. Ma sinceramente penso anche che più che alle risposte vado in cerca di domande. Come funzioniamo noi esseri umani quando capitano questi fatti? Non lo so, lo immagino, lo suppongo, e allora ascolto con grande interesse. Prendo spunto dallo scandalo Weinstein, e in particolare sulla denuncia fatta da Asia Argento poiché mi da la possibilità di riflettere, di capire cosa lei ha provato, cosa si è portata addosso, le sue paure, le sue speranze, la sua esperienza, come ha reagito poiché io non ero lì, noi non eravamo lì.
Il racconto di Asia mi riporta alle storie di tanti miei pazienti che mi sono rimaste impresse nella memoria e nel cuore; li ringrazio per avermi concesso la loro fiducia facendomi entrare in quelle stanze. Spero di averlo fatto con tutta la delicatezza e il rispetto possibile. Mi hanno insegnato quanto dolore e quanto tempo è necessario per poter elaborare un trauma così importante. Molti hanno tentato di anestetizzare il dolore con l’alcol, con le droghe, cercando di riprendersi una vita che sembrava segnata, con la speranza di placare quel un gigantesco senso di colpa attaccato alle ossa e alla pelle, per non aver reagito, per aver permesso che accadesse, non importa se erano bambini, adolescenti, adulti. Li accomuna il grande senso di impotenza provata, il disprezzo per se stessi, la rabbia.
Asia Argento da voce a sé e a loro, dopo tanto tempo racconta il suo dolore. Personalmente credo non lo abbia fatto per giustizia, credo lo abbia fatto per se stessa, per perdonarsi. La gogna che ne è seguita ci impoverisce e ci inaridisce, la sensibilità non è un dono, ma coltivata, va nutrita, va soprattutto trasmessa ed insegnata, in ogni contesto della vita e in particolar modo nelle vicende dolorose. Non avere questo sentimento ci disumanizza, ci fa perdere il contatto emotivo con gli altri.
Grazie Asia perché credo che nonostante tutto quello che stai nuovamente subendo, tu abbia fatto oggi la cosa giusta per te e per noi.
A noi spetta il compito, il dovere e la responsabilità di tenere acceso il fuoco.